I monsoni del Gange
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I monsoni del Gange

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India
l umidità sfiora a giorni il 90% , sembra di respirare acqua. Quando piove ,spesso ,si cammina con i piedi immersi fino alle caviglie .Nel denso liquido questa terra...

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L’umidità sfiora a giorni il 90%, sembra di respirare acqua. Quando piove, spesso, si cammina con i piedi immersi fino alle caviglie. Nel denso liquido questa terra discioglie lo sterco dei suoi abitanti, delle sue vacche, dei suoi cani, delle sue scimmie. Urina, muco, cenere.

Se la nostra mente si sofferma a tutto questo i giorni diventano un inferno, ma chi ama questa terra sa rimanervi, si lava le scarpe la sera, si lava i piedi e pettina i capelli profumandoli di cocco, e con il cuore gonfio di sentimenti che guardano altrove congeda il giorno abbracciando la notte.

Tra queste valli alle pendici dell'Himalaya esce il Gange che in questa stagione monsonica ruggisce imponente e scuro tagliando la città sacra di Rishikesh in due. Due ponti pedonali collegano le due sponde a poca distanza l'uno dall’altro. In questi giorni, pellegrini da ogni dove giungono qui vestiti di arancione. 

Shiva li chiama a flotte tra questi due lunedì di inizio agosto, e i ponti vibrano sotto migliaia e migliaia di piedi nudi. La maggior parte sono giovanissimi, percorrono distanze a noi  impensabili per potersi bagnare qui, dove anche i Beatles passarono del tempo in un ashram che ora è reperto archeologico, che la natura sta riprendendo a se.

Le immagini che vedo ogni giorno sono linfa vitale per il mio spirito. Tra macchine, telefoni e i segni della modernità che scavano nuovi solchi sulla nostra storia, convivono stili di vita di tempi remoti.

I sadhu, i guru, i swami che incontro ogni giorno nel mio cammino continuano a baciare madre terra ogni giorno, si immergono in meditazioni lunghissime e profondissime per cercare quell'anello di congiunzione che ci unisce all'universo. Cercano di staccare la mente da corpo e coscienza, cercano di annullare l'ego, l'io, il qui e ora, il passato e il futuro, per diventare energia senza tempo e luogo. Energia universale, cellulare. Cellule tra le cellule che formano il tutto, ogni cosa vivente, umana, non umana.

Questo mese lo dedico a questo, a bussare piano a quella porta.

I pellegrini sono giovanissimi, tra i 15 e 20 anni. Sono migliaia e fanno un fracasso strepitoso. Agli abitanti di Rishikesh non piacciono molto questi shiva days. Arrivano tutti vestiti di arancio con le magliette con raffigurato il dio dello yoga. Molti indossano occhiali a specchio e cappellini da truzzi eroi bollywoodiani. Moltissimi hanno le cavigliere e cantano babulè, molti fumano hashish. L'alcool non è di casa. Sembra un rave occidentale ma radicalmente diverso, e questa è l’India. Hanno camminato giorni, settimane per arrivare qui e fermarsi un solo giorno, sufficiente per bagnare la loro carne nel fiume sacro. Portano con sé i segni del nostro tempo ma festeggiano shiva, lo stesso…da millenni.

Le giornate sono piene. Il ritmo è scandito da tre momenti molto importanti. Lo Hatha yoga mattutino, la lezione di sitar e canto e la meditazione serale.

(sto imparando ora le scale di note dopo una vita che suono. Le sto imparando sulla soglia dei 50, in india e in hindi!! Ma varda…)

Ho trovato il mio swami (guida) dopo giorni in cui sono balzato da un ashram all’altro. Lo yoga non è ginnastica, è un mezzo, una chiave per arrivare molto lontano, partendo dal corpo e con il corpo per arrivare…alla mente, e…poi…oltre… Lo scopo è ben preciso. Ognuno dovrebbe trovare il proprio swami. Cercando. Il rapporto è molto intimo e non può essere affidato al caso se se ne ha carpito l essenza.  Rishikesh oltre alla sua sacralità è la capitale mondiale di questa ...filosofia..Qui ha insegnato il piu grande guru del nostro secolo ,shivananda, attirando fin dagli anni 60 gli occidentali in cerca di misticismo. Vi sono ashram ovunque, alcuni sono veri paesi con migliaia di abitanti. Vi sono scuole aperte ovunque dove si può semplicemente entrare all'ora scritta sulla lavagna e fare yoga. Hatha, ashtanga, vinyasa, kundalini, tantra etc. etc. L'occidente ha portato il business in tutto questo e molti insegnanti si sono adattati e inventati swami facendo fare ginnastica a chi vuole il ventre piatto……Ma…non tutti…Lo spirito è ancora molto forte. basta cercarlo! 

Il mio maestro di musica si chiama Mukkesh e l'incontro con lui è stato rocambolesco, come molti, quando si ha un proposito più o meno chiaro in mente ma si è in altro mondo, specialmente questo, qui, dove tutto è… incredible India…

Mukkesh vive con la sua famiglia dopo il ponte di Ram Jhula. La sua è la più vecchia scuola di musica di rishikesh. Una piccola stanzetta adiacente alla sua casa. Il giardino è pieno di sassi e macerie, due divani sfasciati sono appoggiati al muro esterno. L’immagine è un classico di questa India. La gente è povera si, ma questa mancanza di un minimo di ordine o gusto estetico credo sia anche una questione caratteriale. Gli indiani lavano il proprio corpo, ordinano il proprio letto, vestono colori bellissimi, baciano la terra, ma… tutto il resto è caos. Questa società è arrivata totalmente impreparata all’era industriale. Gli inglesi li hanno tenuti sotto le loro sedie come cani per secoli, mentre dirigevano il traffico e quando finalmente se ne sono andati il mondo era cambiato; volavano macchine di ferro e i funghi atomici piegavano intere città. Quel miliardo di indiani per natura fatalista si è ritrovato a governare una nazione enorme in un momento di cambio storico-epocale dopo tre secoli di sottomissione.

Per capirlo bisogna immergersi nella profonda India rurale che tutt’ora si può osservare. 

Nelle campagne del Bihar, due anni fa ho trascorso dei giorni in moto, in quel paesaggio immutato da secoli. Li le case sono in terra, pulitissime le entrate, le bouganville sono disposte e curate, i pochi oggetti che si vedono sono in metallo, puliti, ordinati. Niente plastica, carte, immondizie, il pozzo dell'acqua serve le famiglie. Ogni casa ha i propri animali tenuti liberi ma a distanza dall'entrata, che ha un piccolo steccato ricoperto di fiori. Pace, silenzio, quiete, serenità e natura. Tutto questo quasi ovunque vi sia un agglomerato urbano diventa una catastrofe umana. A poca distanza da quella quiete la gente vive in un caos a tratti spaventoso. Immondizie ovunque, macchine e moto una sopra l'altra che strombazzano senza sosta. Le case sono fatiscenti, i cavi elettrici esplodono ad ogni temporale, lasciati lì a penzoloni, cani, vacche e maiali calpestano assieme agli umani cumuli di immondizia fumante che sorgono ovunque. A soli due chilometri altre genti, altrettanto povere, vivono una vita diametralmente opposta, dignitosa, pulita, umana. Difficile non chiedersi il perchè…

Quel giorno avevo visitato due scuole. Si offrivano lezioni di sitar, tabla, armonium, flauto, canto. La mia idea variava dal canto, al sitar, quello strumento che guardo con occhi bramosi da tanti anni mi sembrava irraggiungibile tecnicamente. Dal mio primo viaggio in India me ne portai a casa uno che è però andato a pezzi nel aereo.
Ma…ogni cosa ha il suo tempo.
Ogni giorno passo da Appu nel negozietto e gli dico che forse domani passo e inizio la lezione. Quale?? Non lo so. Canto, sitar, canto…

La priorità nei primi giorni era di trovarmi il mio swami di yoga e dietro un piccolo cancelletto in ferro swami Virendrananda Saraswati mi stava aspettando. Una volta arrivato a lui era tempo di decidere per l’arte suprema. Quella che non si vede ma entra in ogni sentimento con potere di lacrime ed estasi.

"Appu domani alle due sono da te e iniziamo con…con… Il sitar!"

Puntuale, l’indomani mi affaccio alla porta del negozietto, Appu è lì, un po’ stonato come sempre, mi risponde che l’insegnante di sitar è a qualche chilometro da qui dopo il ponte di Ram Jhula ed io mi scazzo perchè non me l'aveva detto. Salgo sul suo scooter e andiamo. La strada mi sembra non finire mai e batto sulla sua spalla inveendo che è troppo lontano.

Mi lascia di fronte a un cancelletto, fa caldo, sono sudato fradicio e sto solo pensando a come fare a tornare indietro. Vicino i divani sfasciati vi è un'entrata e mi affaccio. Un sorriso di donna mi illumina. Mi dice di aspettare. Ho il sudore che mi cola nelle caviglie. Mukkesh arriva, mi apre la porta della stanzetta e mi fa accomodare. La stanza è piccola, con tappeti, l’altarino alla dea delle conoscenza Saraswati, con fiori, incensi e candele, un armonio, tabla e un sitar.

Ci guardiamo negli occhi uno di fronte l’altro. Lui non parla. Devo farlo io. Gli dico che vorrei conoscere il sitar, che non conosco le note ma che la musica esce dal mio cuore lo stesso.

Lui mi fa un lungo monologo che mi lascia stralunato! Mi fa vedere un libretto e mi dice che gli devo promettere per iscritto che  sarò fedele nell’andare alle lezioni, che devo stabilire lì in quel momento quante e a che ora! Mi dice che mi insegnerà anche canto e filosofia indiana, che dovrò ascoltare la storia degli dei e che la sua scuola insegna lo Yog che solo lui sa cos'è.

Sono tentato di alzarmi e andarmene lì su due piedi ma qualcosa mi trattiene. Gli dico che non prometto niente a nessuno, che forse l’indomani mi vedrà e che se mi vedrà gli dirò se l’indomani l’altro verrò!

Mi mette in mano il sitar, mi spiega la difficile posizione (va d'accordissimo con le posizioni yoga, per fortuna…) per sostenerlo mi da un ferretto che infilo nell’indice dolendomi atrocemente e… il mio primo suono di sitar prende l’ignoto cammino che mi arriva dritto al corazon. Mi fa fare altre posizioni, scorro su e giù nel legno di teak, il suono riverbera dalle corde sottostanti alla "zucca" armonica e mi entra nelle pelle, nel ventre, i chakra lampeggiano. Es amor!! Non ho dubbi. Suonerò quello strumento. Ne imparerò l’arte. L'unico dubbio è su Mukkesh, su come e con chi. Poi, prende l'armonio e mi fa cantare delle scale di note indiane ad occhi chiusi sempre più flebilmente finchè rimaniamo in silenzio per lungo tempo. Mi sento bene. La sua energia trascende le sue parole, trascende quelle intenzioni così complicate e serranti, poi mi racconta dei suoi sentimenti per la musica e del suo potere sulla nostra psiche, sul corpo e sull'anima. Quell'uomo ha qualcosa…

Ci congediamo e gli dico che se mi vede sara li, l'indomani subito dopo mezzogiorno. All'uscita dal cancello trovo un ragazzo giovane con handicap alle gambe. Mi saluta e si presenta come Aman, figlio di Mukkesh. Ha uno sguardo profondo e intelligente, mi dice che lì sono tutti musicisti da generazioni e che suo padre suona e fa suonare ogni sera i bambini e ragazzi orfani che aiutano. Lui suona le tabla. Gli chiedo delle sue gambe e mi risponde che se dio toglie una cosa ne dà altre tre, che lui sente l'energia delle persone, gli amici vanno a lui per chiedere consiglio e che il consiglio non va urlato ma dato con tatto.

"Quanti hanni hai?" gli chiedo. I'm sixteen. Beh…bravo!
Poi…mi dice: "tu ogni tanto vuoi stare solo"…Gli richiedo il suo nome e mi incammino per il lungo ritorno. Penso…che famiglia..

Sulla strada del ritorno, un sentiero lungo il gange che adoro fare, subito a sinistra del ramlanjula vedo una scuola di musica, con molti sitar appoggiati al muro e porte di aulette. L’insegnante è un bel tipo, curato nelle vesti e nei modi. Mi di ce che mi può insegnare, mi dice il prezzo e mi spiega che se volessi fare anche canto devo prenotare le lezioni con un altro insegnante, esco pensieroso. Cosa faccio? Con chi inizio? Non so…Vediamo…

E così fu…che sono alla ottava lezione con Mukkesh. Mi faccio a piedi ogni mattina i sei chilometri lungo il Gange, a volte sotto la pioggia monsonica e con l'acqua alle caviglie, passo il ponte con la folla di pellegrini che in questi giorni conta mezzo milione di transiti quotidiani. Impressionante. Sto benissimo con Mukkesh, è un personaggio colto dall’animo nobile e altruista, sognante, buono. Mi insegna molto bene, parliamo di tante cose interessanti mentre ci facciamo una pausa fumando una sigaretta assieme, seduti alla porta. Mi fa anche lezioni di canto mentre vengono i suoi allievi orfani a farci visita con sorrisi che la musica e gli uomini sanno poter dare. Sua moglie, bellissima donna, a mezzogiorno e mezzo entra, si siede con noi e ci dice che il pranzo è pronto. Aman, suo figlio mi aspetta e finita la lezione mi parla del suo progetto di fare un sito web per sostenere il loro centro orfani. Quel sedicenne mi parla di sentimenti, intenzioni e atteggiamenti alla vita che fanno riflettere e portano luce la dove dove non dovrebbe mai mancare.

Gran bella famiglia. Gran bell'incontro. Grazie India, tu mi doni molto, moltissimo ed io ricambierò sempre aiutando i tuoi orfani ed i tuoi storpi…


–––––––– 2 ––––––––

Sasha viene dalla Siberia. Ha 26 anni. Da quattro viene qui da Swami Virendranandra Saraswati. Per dei mesi dorme in una stanzetta piccolissima, in quel ashram sul Gange costruito molti anni fa, quando swami aveva percorso le vie della disciplina e lo studio dei veda diventando sadu come aveva desiderato fin da piccolo, quando sua madre lo mandò solo per la prima volta nel grande tempio.

Da quattro anni Sasha impegna tutto il suo tempo e dona tutta la sua energia allo yoga e allo studio della filosofia mistica. Parla poco ed è un po schivo, ma quando apre le sue porte, quell'energia con tanta cura incanalata prende forma ed il suo pensiero trova grande rispetto.

Lui è stato il veicolo che mi ha portato a quel sadu con la pancia che ora mi insegna, seduto di fronte a me, con lentezza e determinazione le posizioni dello Hatha yoga e mi fa rimanere sdraiato per lunghissimo tempo nella posizione Savasana in meditazione. 

Sasha è andato a Mosca lo scorso giovedì, l'ultima sera era un po’ triste ma mi ha detto che il karma lo portava via da lì per diffondere nel mondo i benefici spirituali dello yoga. Lui ci crede davvero e torto non ha…

Erano giorni che cercavo il Maestro. Ho girato varie scuole e vari ashram ma pur avendone trovati di bravi, ciò che mancava era Lui, che ho trovato grazie a Sasha.

Un giorno con Ilaria sono entrato in quel cancelletto che ha attirato la mia attenzione.  Delle scalette scendono, un muro alto separa il Gange dai quattro livelli in cui swami ha costruito il suo piccolo ashram. Vedo la testa bionda di Sasha seduto nell’altarino con il sadu, saluto, loro ricambiano. Piano scendo i gradini e Sasha mi viene incontro.

Gli dico le mie intenzioni di trovare una buona guida e attraverso le sue parole percepisco che forse sono nel posto giusto. Sasha mi dice di tornare il prossimo lunedì perchè in quei giorni Swami ospita come in tutti gli ashram i suoi adepti che sfama e custodisce nelle notti piovose.

Due anni fa la dea ganga si è portata via 6 stanze del suo ashram. In questi giorni, al mio arrivo la mattina, trovo Swami che osserva pensieroso i turbinii delle acque torbide dal muro di cinta. Ci ho messo dei giorni a lasciarmi andare alla sua fiducia. È un personaggio molto singolare. Ha dei modi che i primi giorni mi sembravano troppo rudi, insegna seduto su una sedia, ha la pancia, non mi ha chiesto chi sono e come mi chiamo.

Ho chiesto a Sasha più volte cosa avrei fatto quando se ne sarebbe andato in Russia, come avrei fatto a capire ciò che intendeva Swami con i suoi gesti ed il suo inglese masticato. I primi giorni avevo lui al mio fianco a mostrarmi le pose dello hata.
Capirai, non preoccuparti…

Avevo fatto delle meditazioni con un maestro molto bravo i giorni precedenti e le prime fatte con Swami erano…dubbiose… Non sapevo fidarmi, affidarmi.

La meditazione è cosa grande, grandissima. Ogni giorno le sensazioni sono diverse, il percorso inizio ad intuirlo, forse, solo ora alla terza settimana. È estremamente affascinante, misterioso, potente perchè in quelle ore, guidati da millenni di tecniche affinate da questi saggi sadu entriamo in questa forza universale, nella più insondata, capace di immense forze che sono state scritte nelle leggende di tutti i tempi ma che forse leggende non sono(?). La nostra mente. Scriverò di questo in seguito, quando sarà passato il mese intero che ho deciso di dedicargli quotidianamente.

Ora ogni giorno a cuore aperto mi lascio andare all'energia guida di Swami, che stimo molto ed è reciproco. Lo vedo nella cura con cui mi insegna e nel suo sorriso quando mi vede la mattina. Lo sento nelle sue mani quando mi tocca la spalla per incoraggiarmi. Ora sono il suo unico allievo la mattina. Io e lui in quella stanzetta scura o sopra il tetto di una delle stanze dell’ashram.

Quei modi rudi che a volte mi fanno veramente sorridere sono modi di un uomo dal carattere forte che ha lottato per seguire il suo corso, il suo karma. Swami proviene da una famiglia della middle class dello stato dell’Orissa. Si è laureato in ors e a ventuno anni ha preso fagotto ed ha lasciato tutto per venire qui a Rishikesh, ai piedi dell'Himalaya, dove tutto è nato. Da quel tetto del mondo da dove la conoscenza millenaria dei saggi discende ai popoli, donando alle menti affini intuizioni inestimabili.

È stato adepto di Sivananda. Ha praticato una disciplina ferrea fatta di ore ed ore di yoga e meditazione, silenzio e studio. Ha viaggiato in tutta l'India per portare lo yoga alla gente, ha cercato ovunque i fondi per costruire il suo ashram e lo ha fatto.

Ora ha 62 anni. Lo yoga fisico non è più parte del suo quotidiano perché Swami ora è andato oltre…cosi dice Sasha…ha raggiunto uno stadio più elevato.

Sono le otto e mezza. Ora vado da lui. Mi sono alzato alle sei, ho mangiato una banana, mi sono lavato magliette e mutande. Sono partito dall'Italia con un bagaglio a mano di 5 kg. L’unico vizio e fantastico sfizio italiano che mi concedo è il caffè espresso al coffee day ogni mattina e un stratosferico dolcetto dal nome malizioso…indulgence. Ogni tanto…il coffee day, è una catena di caffetterie alla "starbucks" che ormai si trova in tutta l'India, è grande commercio e quello che si vuole ma, l’espresso non fa una grinfia! È buono e basta, servito bene (co tuti i so arte insoma). Io e Ilaria ogni tanto ci diamo un occhiata e le gambe partono decise verso…l’indulgence, il dolce al cioccolato che mangiamo con due cucchiaini sbrodolando sul tavolo. Poi…

Vado al Ganaga beach caffè e bevo un succo di ananas, mi connetto un po’ col pianeta Poi, appunto, il caffè.

A parte i latticini qui l’alimentazione se si può dire è quasi vegana. Niente carne, pesce, uova. Niente alcol nei luoghi pubblici…di sottobanco però, per fortuna molto pochi, si scolano bottiglie di whisky che è plutonico e non lo reggono decisamente.

Il cibo è comunque ben ricco di tutto. È tanto sufficiente da far ingrassare quasi tutte le donne quassù con tanto di pancia e rotoli! Mi adatto molto bene e rispetto questa scelta. Non sono pronto, per pura, semplice e antica golosità, a portarla nella vita di tutti i giorni ma qui viene spontaneo e va molto bene così. 

The dark side of the moon. Ying yang. Questo concetto così semplice mi è sempre più chiaro dal viaggio in Cina. Ogni cosa è permeata da un suo lato opposto. Entrambe vivono e diventano realtà possibili solo in virtù della loro coesistenza.

Credo che accettare e capire gli errori insiti nel nostro vivere quotidiano sia il passo più importante alla pace universale.


Oggi è lunedì ed è il giorno di Shiva. Finalmente manca poco alla fine di questa "mela" che in hindi significa grande raduno. Il flusso di gente è impressionante. Quasi mezzo milione di persone arrivano ogni giorno e attraversano quei piccoli ponti, per le strade non si cammina a parte il sentiero che faccio fino al ramjula. Mercoledì finirà tutto ed i numeri sono impressionanti. 5 milioni di persone avranno camminato nei soli 4 chilometri della sacra riva di rishikesh. 5 milioni di persone che se si radunassero in Europa, si dovrebbero  preparare le strutture con anni in anticipo; ma questi pellegrini non sono come noi…mangiano pochissimo, bevono l'acqua dalle fonti delle strade e dormono sotto un sacco di plastica, negli ashram e sotto ogni tettoia. "il campo base" è ad Haridwar dove ferma l’espresso da Delhi che abbiamo preso in andata. Li arrivano fin dal Rajasthan, dal Himachal Pradesh, Punjab, Haryana; tutti stati del nord ai confini con il Tibet, Nepal… Cina. Arrivano con ogni mezzo ma un gran numero se la fa a piedi, alcuni gruppi gareggiano con altri villaggi stabilendo tempi e distanze. Fanno delle maratone e vincono premi. Questi ultimi giorni sono da panico. Il flusso è una massa compatta di centinaia di migliaia di persone, io devo per forza starci in mezzo perchè devo fare quella strada. Da Haridwar ogni giorno vengono qui, passano il ponte di Lax Manjula, vanno a bagnarsi nel Gange e poi salgono nella montagna percorrendo compatti i venti chilometri per arrivare al Tempio di Shiva, poi scendono ed escono dall'altro ponte di Ram Jhula. L’odore di urina questa mattina era insopportabile ma manca poco…non sapevo di questa "mela", mi informo sempre poco, il minimo e per scelta dei posti in cui vado. Molti tagliano la corda per evitarla ma…è stata un esperienza, anche questa ed il mio sorriso è rimasto immutato.


A presto belle genti.

Ying yang…ying yang…ying yang…

Ste.


–––––––– 3 –––––––– epilogo ––––––––

Ho chiesto a Pushkar, in queste mattine in cui ci incontriamo, quali sono le vie che questi illuminati percorrono per percepire la "verità" suprema.

Pushkar è un monaco, un giovane sadu che incontro in un ashram tutto bianco, pulito, con fiori e piccoli giardini, con terrazzette e stanze che si affacciano al Gange. Niente a che vedere con i giardini edenici di altre terre del sud-est asiatico ma qui, in questa piccola varanasi del nord, quell’ashram è esteticamente coerente all’atto di rinuncia dei suoi ispirati sadu. Ai miei occhi sono degli illuminati. Quelle menti hanno elaborato il concetto di impermanenza "del tutto", di ogni cosa e vivono un'esistenza che non ha ne inizio ne fine…

Quando mi riceve ci sediamo nella sua stanza in penombra. Il Gange ruggisce in questo periodo monsonico e nella sua terrazzetta il rumore è troppo forte per discussioni in cui il grande silenzio della mente è la chiave maestra.

L'ho incontrato una mattina mentre camminavo per andare dal mio Swami Virananda a risvegliare il mio corpo con il suo lento, determinato e allegro Hatha yoga.

Pushkar era fuori dall’ashram e stava accarezzando o meglio, massaggiando una mucca. Il suo sguardo profondo in quei gesti di totale devozione mi ha fermato. Abbiamo trascorso alcuni minuti divisi da quella gobba bianca che distingue la mucca indiana da tutte le altre. Il suo interesse e le frasi che ha usato per cercare di spiegarmi quella devozione mi hanno fatto capire che Pushkar è un sadu dotto.

Gli ho chiesto di quell’ashram in cui soggiorna temporaneamente e l’ho salutato.

Il giorno dopo avevo deciso di varcare quella soglia. Piano sono entrato rimanendo discreto sull’uscio. Quel posto ha un'energia molto forte e pulita. Vedo altri sadhu muoversi, scendere le scale e uscire dalle loro stanze. Sono curati, nelle vesti bianche o arancioni con lunghi capelli lucidissimi e pettinati. Le movenze sono lente aggraziate e sicure, il loro sguardo emana una serenità palpabile e Pace è la parola con la quale descrivo quel momento.

Tutti mi vedono, mi osservano un istante con cenni di saluto appena percettibili ma di totale rispetto. Io ricambio. Nessuno mi chiede della mia intrusione. Ho dovuto aspettare diversi minuti prima che mi si avvicinasse un vecchio sadhu con gli occhiali e la barba bianchissima. Gli dico che, se fosse possibile, avrei molto piacere di poter passare un momento in quel ashram e poter chiedere quelle poche semplici domande che avevo in mente di fronte a un tema che non ha eguali nella sua complessità teologica. Quel mare  profondo, denso di luce lontana e arcaica che vedo negli sguardi di questi viandanti dell’impermanenza è un richiamo che non credo possa sfuggire a menti sensibili. 

Questi uomini hanno "chiavi" ai più sconosciute o semplicemente diverse dagli illuminati di ogni epoca, di ogni religione e di ogni filosofia. Ce ne sono moltissimi in tutta l'India ma non tutti vivono nella purezza dell’intento. Molti che incontro ed ho imparato a riconoscere a colpo d’occhio sono dei ciarlatani che indossano la veste arancione solo per scroccare la pagnotta e vivere sulle spalle degli altri. Molti si fumano cilum da mattina a sera o sono rincoglioniti "cosmici"…o hanno sguardi da furbetti lontani anni luce da quel mare placido che osservo in Pushkar e nel mio swami. 

Il vecchio sadhu mi dice che se ho bisogno di aiuto chiamerà qualcuno a me. Gli dico che non cerco aiuto ma che ho delle domande da rivolgere alla loro conoscenza.

Ah, allora farò chiamare uno dei nostri dotti che parla inglese degnamente. Accomodati.

Mi siedo sulla terrazza e un giovane sadu mi porta un chai. Parliamo un pò. Vedo due occhi che conosco avvicinarsi. Pushkar mi viene presentato come il dotto che mi riceverà.

Namaste puskar. Happy to see you again. Simpatica "coincidenza” tra le quotidiane che questa magica terra ci regala…
E così in queste mattine è con lui che siedo in penombra, tra le sue poche cose e tra i suoi molti libri e appunti sparsi nel pavimento della sua stanza…temporanea…

Molti sadhu, quelli veri (!), viaggiano andando a piedi o con pochi mezzi per tutta l’India. Non chiedono mai ne cibo ne soldi. A nessuno. Gli ashram li accolgono, li nutrono e danno loro riparo. Non vanno a predicare ma si mettono a disposizione di chi cerca consiglio e li avvicina. Sono taciturni, silenziosi e frugali nella quotidianità ma non omettono mai aiuto e consiglio se richiesto. Lasciano tutto, famiglia, averi, amici. La loro casa è ovunque, il loro attaccamento è rivolto solo al loro intento perché tutto il resto è impermanente in tutto l’universo. Da sempre. A loro dire la sofferenza e l'infelicità  che l'uomo crea attorno a sé e per sé è dovuta a questo aggrapparsi a persone, potere e cose; a quella materialità il cui destino è quello di mutare in ogni istante per scomparire inesorabilmente.

Mi interessa sapere della meditazione, gli chiedo quale è il suo scopo.

Sono quattro settimane che Swami ogni sera alle sei mi guida in questo mondo che mi sembra solo di intravedere lontanissimo, ma del quale intuisco la forza.

La verità suprema. The truth, mi spiega Pushkar, trascende tempo e spazio. Permea l'universo da prima a dopo la sua futura distruzione. La nostra mente può percepire quella verità nella quale risiede dio che è…l'io…e fondersi ad essa solo attraverso il silenzio della mente.  La meditazione serve a questo e in seguito proverò a mettere in parole il mio personale approccio ai suoi affascinanti misteri.

Pushkar mi dice che però la mente non può essere placata solo attraverso la meditazione ma che la conoscenza è parte vitale del processo. La conoscenza? Queste parole mi colpiscono a fondo… La conoscenza di cosa? Gli chiedo. 

Di tutto ciò che ci circonda perchè solo così arriveremo a capire noi stessi e saremo in grado quietare la mente e nel suo silenzio, attraverso la meditazione, percepire la verità. 

Sono meravigliato. Mi piace. Tanto. Tantissimo.

È la conoscenza che rende l'uomo saggio. È saggio colui che sradica le paure del vivere facendo della vita virtù.

Fatichiamo a rimanere su un tema preciso e dobbiamo a vicenda correggere il tiro per non aprire porte al di là delle quali non basterebbe certo questa di vita a sondarne il contenuto.

Io non credo nella reincarnazione e non credo in nessuna divinità di nessuna religione, non credo nelle sacralità di mucche e dei con la proboscide e nemmeno in uomini crocifissi, ma ogni religione anela ad ideali di convivenza e amore che condivido e cerco di rispettare. In ognuna di esse vi sono delle chiavi che possono aiutarci ad andare oltre nella nostra crescita personale e nella nostra travagliata e spettacolare esistenza.

La meditazione nel buddhismo e nell'induismo  è una di queste e ne sono affascinato.

Nello sciamanesimo ve ne sono altre altrettanto portentose come l'ayahuasca.

Quietare la mente è impresa faraonica. Provare per credere. È soggettivo, forse alcuni avranno di natura una mente più "calma" e troveranno la via con più facilità, quando chiedo alla mia di fermarsi e svuotarsi, mi sembra di essere in sella a un cavallo imbizzarrito, vengo sballottato da tutte le parti in un set di impulsi stroboscopici! 

Sedersi immobili, senza battere un ciglio, senza muovere un muscolo, svincolare e chiedere alla mente di non badare a nessuno stimolo, nessun pensiero, nessuna visione, necessita anni e anni di pratica. In questo mese posso contare sulle mani i secondi in cui questo silenzio è transitato fulmineo, ma sono stati intanto sufficienti per capire con quale titanica entità abbiamo a che fare. Ci vuole pratica mi dice Swami, ogni giorno. Con la pratica e la costanza nulla è impossibile. So chè è vero, so che quei personaggi ai nostri occhi così bizzarri e fuori dal tempo che camminano da millenni su questa terra, hanno la costanza e la fede nelle proprie risorse e riescono ad oltrepassare soglie di spazio, tempo e coscienza ai più sconosciute.

Questa macchina dai poteri smisurati che ospitiamo nel nostro corpo sembra vivere di vita propria e la comanda in ogni istante. Può resistere al nostro volere a suo piacimento. Controlla tutto di noi, elabora miliardi e miliardi di impulsi contemporaneamente.

Credetemi che chiederle di placarsi nella veglia, nel pieno della coscienza attiva è lavoro durissimo. Non avrei mai creduto. Arrivano stimoli in continuazione. Pruriti, suoni, profumi, movimenti di organi interni, immagini di ogni tipo e…pensieri, pensieri, pensieri su tutto. Quegli istanti in cui vi è silenzio e riusciamo a non badare più a tutto questo distaccandoci, sono indimenticabili e difficilmente descrivibili…ma ci provo.

La sensazione del distacco della mente dal corpo è una di queste. definisco con una parola quel momento che ho solo sfiorato. Userei “peso”. Un peso che si distacca e si muove verso l’alto.

I sadhu rimangono così per giorni interi, la loro respirazione si  abbassata a un livello minimo di sussistenza, il metabolismo rallenta raggiungendo minimi che consentono loro di sopravvivere senza cibo e acqua per settimane.

"leggenda"(?) narra che buddha meditò per 10 anni in una grotta prima di trovare l’illuminazione. Quella grotta l'ho vista in Bihar, si trova a pochi chilometri da Bodh Gaya, la città sacra più importante di tutto il mondo buddista e anche quel viaggio è stato indimenticabile, ma quella…è un altra storia.

Non oso pensare cosa possano provare i sadhu durante quel lungo distacco. A me è successo due volte in questo mese, per frazioni di secondo ed è stato sufficiente a far ardere fiamme di curiosità. Ma non è solo questo…

Ciò che più mi ammalia è percepire che questa potentissima "antenna" abituata dal nostro vissuto a lavorare in un certo modo, possa essere in grado di comandare e ricevere immense forze. Scardinare quel mastodonte dai suoi cardini e poter puntare dentro la nostra coscienza deve essere straordinariamente illuminante. 

Ogni sera Swami mi inizia alla meditazione con tecniche di respirazione pranayama che durano oltre 45 minuti, alle quali seguono venti minuti di immobilità totale. Si inspira ed espira in diversi modi, a volte in posizioni impensabili. Si trattiene ad ogni esercizio il respiro e Swami mi chiede di concentrare l'attenzione tra le sopracciglia. Li in the third eye. Nulla deve muoversi in noi. Nulla. Solo il respiro. Tutto il resto deve rimanere perfettamente immobile. La sua voce baritonale quando recita i mantra e l'OM ha una vibrazione che diventa fortemente veicolante e devo dire anche emozionante. Mi chiede di dimenticare tutto, di non essere più questo corpo e questa mente, mi chiede di lasciare che quella mente vada in alto e si dissolva nello spazio. 

Sono alla fine della quarta settimana di meditazione quotidiana. Mi costa molto sforzo.

Alcune sere dico a Ilaria che forse non vado da Swami ma immancabilmente l'attrazione  è fortissima e all’ultimo momento mi incammino e percorro quei ponti sospesi a non finire.

Le mente non deve però essere forzata in questa pulizia che cerchiamo di attuare. I pensieri devono essere lasciati transitare, devono entrare e uscire, devono scorrere, lo stesso per le visioni, le immagini astratte e non che vedremo, non devono essere spente con la forza, dobbiamo osservare e sentire tutto con distacco. Questo è il segreto. La via.

Ho provato vari tipi di meditazione. La prima volta in Kerala pochi anni fa. Era completamente diversa, più sensoriale. Qui i primi giorni con un altro Swami era anch'essa altra cosa, focalizzava sul sentire e veicolare l'energia dalle mani al corpo. Rispetto al percorso che sto facendo con Swami Virendanandra, le altre meditazioni mi appagavano molto di più, erano più…sensoriali e coreografiche… I primi giorni con lui sono stati veramente difficoltosi e dubbiosi. Ma Swami è un grande sadu e ho seguito fino alla fine il suo insegnamento. Lo stimo moltissimo e gli voglio un gran bene a quel panzone!

Come per lo yoga che mi tramanda ogni mattina, il suo insegnamento parte dalla base. Ho visto il mio corpo cambiare giorno per giorno lentamente, senza stress. Il suo sguardo è attento a ogni movimento, a ogni respiro che lui aspetta placarsi completamente prima di chiedermi di iniziare un nuovo esercizio. Così attua per la meditazione. Bisogna saper domare la mente prima di seguire in altre forme di meditazione. Swami le conosce tutte ma mi ha detto che ogni cosa ha il suo tempo e che verrà solo con l’impegno. Come tutto. Everything is possible if you give yourself to it. 

Questa mattina è l'ultima qui a Rishikesh. Sono qui al Coffee day con un doppio espresso nel tavolo e sto scrivendo queste righe prima di incamminarmi per andare all'ultimo incontro con Swami, per quest’anno… Tornerò da lui in futuro. 

Ciò che mi ha insegnato con pazienza, sapienza e allegria non ha prezzo. Questo corpo che accompagna e…sopporta le notti del mio lato allegro e bohemien che mi attendono, ora è vigoroso ed elastico. Posso sedere in pose impensabili fino a ad un mese fa, la mia schiena porta le mie mani a gambe tese, in posti remoti e mi permette piegamenti che mi stupiscono e appagano un sacco!

Personalmente credo che lo yoga fatto in questo modo non abbia eguali in nessun altra (inesatto paragone) “ginnastica”. Questa tecnica millenaria lavora su tutto ciò che vi è di umano in noi. Muscoli, tendini, organi interni, ossa, articolazione, respiro, sangue, cuore  e... MENTE. È un regalo che non ha prezzo e ringrazio ancora l’india per avermelo infuso.

Il mio primo approccio più interessato è stato solo l’inverno scorso ad Hampi, dove l’ho praticato per due settimane. Ho proseguito facendolo a casa fino ad oggi e credo di averne appreso l'essenza, qui, dove è nata.

Ho salutato Swami poco fa. Mi ha pazientemente dettato gli esercizi di yoga e pranayama che se faccio quotidianamente daranno linfa vitale al mio corpo. Mi ha spiegato che la respirazione pranayama purifica il sangue dai germi che inoculiamo con il nostro stile di vita e attiva invece le cellule buone e sacre…!

Ho fatto a Swami alcune delle domande che ho fatto a Pushkar i giorni scorsi.

In questo mese ho seguito i suoi insegnamenti senza colloquiare con lui, senza chiedere i perchè e i cosa e questo perché non serviva.

Swami ha questa caratteristica che risulta molto chiara a chi per buona fortuna o come si dice qui, buon karma, arriva a lui in quel piccolo ashram nascosto alla vista dei più. A quel sadu allegro e determinato, vigoroso e con un cuore che emana solo bonarietà, che non cerca i suoi allievi con lavagne e volantini (senza nulla togliere a chi lo fa), ma che attende quelli che qui arrivano perché sono stati introdotti da chi ha una diversa sensibilità e approccio. Sasha ha fatto questo con me e lo ringrazio, io l’ho fatto con Jimmy che mi ha ringraziati tanto… Jimmy giovedì è entrato in un ashram che aveva precedentemente prenotato dall’Inghilterra per poter avere quel pezzo di carta che gli permetterà di avere un riconoscimento, ma mi diceva ieri che ha preso la decisione, una volta terminato il corso, di rimanere qui a Rishikesh fino a dicembre e trascorrere tre mesi con il nostro Swami.
Personalmente credo che con lui diventerà un vero insegnante. Sasha lo è già diventato un insegnante, senza carta e timbro, se fosse vicino a casa mia in Italia andrei da lui immediatamente. Fortunato chi lo avrà.

Gli ultimi giorni eravamo solo io e Swami. Da oggi non ha nessuno e mi sembra di aver capito che così va bene, che ora si riposa e si concentra all'insegnamento del suo adepto che presto sarà sadu e che apprende da lui da dodici anni, dividendo cibo e notti nel suo ashram. Studierà le infinite scritture dei veda, mediterà, farà yoga, si pulirà ogni mattina lingua, occhi e naso con tecniche stranissime che ho visto fare a Sasha mentre si infilava delle cordicelle nel naso, su da una narice e giù dal altra.

Tornando alla meditazione c'è una cosa che posso affermare con convinzione. Il percorso che si fa per arrivare alle vette, pur necessitando come ho detto di lunghi anni di pratica, è molto salutare. Quel tempo che dedichiamo ad occhi chiusi a noi stessi per cercare quel silenzio, ci riposa e rianima. Quando li riapriamo il nostro sguardo è più limpido e i nostri fardelli più leggeri…

Meditare, meditare……

Swami ha risposto alle stesse domande che ho fatto a Pushkar e le risposte sono state le stesse.

Ho chiesto loro il perché della loro scelta, ho chiesto il perchè della reincarnazione e cos’è e dove risiede il loro "dio". Pensavo di dovermi districare nel racconto delle "favole" di Shiva, Ganesh, Parvati, etc. ma non è stato così, quell’iconografia esuberante che troviamo in ogni angolo e muro di questa India, quei serpenti attorcigliati a uomini con la pelle blu, quegli umani con visi da scimmia, da elefante etc. negli ashram degli Swami Virendrananda e di Swami Pushkar, non si vedono. Frugale ed essenziale è anche questo. Entrambi hanno saputo saltare le favole che le religioni usano per "in-trattenerci" e andare al dunque.

La Vita, o meglio la coscienza è sempre esistita, non ha inizio e non avrà fine. Tutto ciò che la nostra conoscenza possa immaginare nella materialità delle nostre epoche è mutabile. Impermanente. Tutto si trasforma. Non vi è nulla in tutto l’universo che non segua questo corso. L’universo stesso cesserà di essere e qualcos'altro diverrà. La nostra coscienza, il nostro Io è eterno.

I due Swami sono ad un passo dal nirvana. L’essere sadu e vivere secondo quelle leggi  fino alla fine dei loro giorni, li porterà a diventare, una volta esalata quella che noi intendiamo come vita, energia senza tempo. Non dovranno più avere un corpo che invecchia e duole, non dovranno più faticare nella ricerca di cibo, pace e conoscenza. Diverranno Tutto. Risiederanno in ogni cellula di ogni tempo.

Come può non piacermi questa loro visione, pur non condividendola pienamente. Come posso non sentirmi più vicino a una credenza che rispetto al cristianesimo mi da infinite possibilità di riscatto. Dall’inferno cristiano, che può corrisponde ad una reincarnazione di sofferenza, non si esce. Si brucia per l’eternità. Nel buddhismo si. Si rinasce in una condizione sfavorevole, ma chi vuol capire capisca ed agisca…

Nel buddhismo non vi è quel giudizio che ci porta davanti le tre porte della corte marziale. Non vi è un uomo, seppur compassionevole, al quale dobbiamo credere ciecamente altrimenti la sua punizione sarà terrificante e senza via di uscita. 

Io e solo io giudico le mie azioni vedendone l'effetto in ciò che creo nel mio intorno in questo tempo. Dovrò capire da me stesso, con il mio sforzo e la mia ricerca nella conoscenza che i principi universali di pace, rispetto e amore, ai quali tutte le religioni anelano sono la Via e questo per ora mi basta…sono oberato di lavoro!
Non credo nella reincarnazione ma credo nella causa effetto di chi è venuto prima di noi, credo che questa vita metta le cause per l'effetto sulle vite future. Per questo credo che questa unica vita ci renda immortali attraverso le nostre azioni.  

Questo mese è successo di tutto. Sono arrivato molte volte a sera sfinito ma non di stanchezza, ma di emozioni forti e profonde. Ogni giorno è stato un giorno vissuto a pieno, bevuto a piene mani. Qualcosa è cambiato. Alcune convinzioni si sono rafforzate, altre smorzate, nuove conoscenze hanno aperto nuovi orizzonti, nuovi suoni usciranno da queste mani, mani che toccheranno un corpo che è cambiato, migliorato. Altri visi e altri cuori sono parte di me. Altre persone a cui pensare con un amore immenso sono entrate nella mia vita. Il mio Swami, Mukkesh, Pushkar, Rajendar, Anik. Nuovi gesti entreranno nei miei giorni, nuovi occhi si chiuderanno cercando nuova conoscenza e nuovi silenzi.

Torneranno tuoni e fulmini nel mio quotidiano, ricadrò nei miei piccoli egoismi, nelle mie piccole gelosie, nel mio egocentrismo e nei miei vizi, ma ciò che ero solo trenta piccoli giorni fa ora non è più. Qualcosa è cambiato per sempre rendendomi forse un uomo migliore.

Con amor.

Ste.

P.S.. C’è un episodio che non ho raccontato ma del quale scriverò. È la  storia di vita di Ajendar. Una favola vera e propria del nostro tempo che mi è stata raccontata da lui in persona, seduti sotto un enorme banyan tree. Una favola che continuerà con me perchè mi è passata davanti e io ho baldanzosamente deciso di entrarci !! Yesssss



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