La chiave alchemica
No items found.
keyboard_arrow_left back to Life

La chiave alchemica

today
room
Credo fosse nel 98' la prima volta che ho sentito nominare quella parola per la prima volta. Quelle insieme di lettere, se pronunciate ora, provocano in me reazioni...

Una esperienza che devo dire: straordinaria.
Pura verità, nient altro che verità.

Credo fosse nel ‘98 la prima volta che ho sentito nominare quella parola per la prima volta.  Quell’insieme di lettere, se pronunciate ora, provocano in me reazioni immediate. La mia mente si ferma sobbalzando, il silenzio cala, i ricordi affiorano insieme al profondo rispetto che gli eventi hanno plasmato.

Ero in Brasile. In Amazzonia, sulle rive del Rio Negro. Arrivato a Manaus un soffocante pomeriggio di agosto. Città costruita nel mezzo del più grande polmone verde del pianeta, dove modernità e passato tribale si mescolano tra i grovigli di una natura ancora pulsante.

Quella notte, dopo tre giorni di navigazione sul Rio Negro, dormendo su amache dondolanti sotto le stelle, la nostra guida ha voluto farci provare qualche brivido e devo dire che ci è riuscito. Quel pomeriggio abbiamo navigato a cavallo tra il Rio delle Amazzoni ed il Rio Negro. L’ultimo con acque nere e minacciose si mescola alle acque marroni del più grande fiume del mondo. Lo spettacolo è stupefacente. I due colori rimangono distinti, sembrano non mescolarsi affatto. Sembra una strada d'acqua metà di un colore e metà dell'altro per chilometri e chilometri finchè piano piano la natura fa il suo corso e la chimica cede al suo volere.

Ci siamo incamminati nella giungla per ore, poca luce sotto quei templi di clorofilla, l’umidità era quasi insopportabile e sembrava di nuotare nell'aria. Gli animali si rintanano al passaggio ma le tane dei serpenti e dei ragni erano lì a porte aperte a rammentarti il pericolo. La guida ci ferma, muove con un bastone del muschio ed esce un ragnaccio non grande, ma…estremamente mortale. Bene! E adesso che si fa? Chiediamo. Tra un po’ cuciniamo e dormiamo qui. Fantastico…abbiamo le amache. Mangiamo della tapioca e del pesce secco e poi ci viene spiegato come dormire. Appendiamo le amache sugli alberi e ci chiudiamo a bozzolo. Non ho chiuso occhio tutta la notte. I rumori della giungla nella notte sono spaventosi, tutto sembra muoversi, gracchiare, strisciare, osservare. Mi sembrava stesse piovendo a dirotto ma era solo l’umidità che gocciolava ovunque compreso sulla mia amaca. Continuavo a chiudermi sempre più stretta la tela dell’amaca al pensiero che quel ragnaccio, o chissà che mostro salisse da qualche parte.

Alla mattina bevendo il caffè dal thermos lui ci dice: questa sera se vi interessa, poco distante da qui ci sarà una cerimonia sciamanica. Si berrà l'AYAHUASCA.

Vomiterete l'anima, vi cagherete addosso ma poi parlerete con gli alberi, diventerete giaguari e toccherete e sarete le stelle per tutta la notte.

Detta così mi incuriosisce ma non mi sfiora nemmeno l'idea di partecipare. Ho sempre avuto timore delle sostanze allucinogene, ma…l'ayahuasca non lo è. È qualcos’altro, molto altro…ma io ancora non sapevo…

Negli anni a venire ne ho sentito ancora parlare, anche da amici in Spagna, in Francia e in America. Ho sentito racconti ai quali mi interessavo, ma sempre con distacco e sempre con una mia opinione personale ben definita. Non credo di poter avere il coraggio di farlo. Ho paura. Quel distacco era dettato dal mio timore. Mi interessava enormemente ma il mio meccanismo di difesa faceva il suo lavoro. Ma…a molti eventi che giungono a noi, seguono percorsi lunghi e sconosciuti e se devono arrivare lo fanno. A modo loro.

Non avrei mai e poi mai immaginato che quella Chiave bussasse ed entrasse direttamente nella mia casa. Il primo approccio lo ho avuto l'anno scorso in Guatemala dove ho conosciuto Manuel. Questo ragazzo di cui vi ho parlato nel mio racconto “l'inframondo”. Ciò che vidi in quel viaggio indotto mi era piaciuto moltissimo ma non era che un piccolo passo…destino vuole che al mio ritorno, un grande amico che mi aveva raccontato la sua esperienza con l'ayahuasca l’anno prima in Perù, mi dice che lo sciamano che lo aveva veicolato sarebbe venuto in Italia. Se ne era andato tanti anni fa, si era costruito una vita sbagliata e il destino lo aveva portato in Perù dove ha incontrato la vera via, della cosapevolezza e dell amore universale, diventando un altro uomo bagnato dalla dolcezza del vivere comune. Quella dolcezza nei suoi occhi, la sera che ho voluto incontrarlo era profondissima, bellissima. Pulita e mi ha fatto prendere la decisione che mi ha portato a vivere l'esperienza che ho definito: più terrificante e vivificante della mia vita…fin’ora.

Quell'amico che me lo ha presentato, è una delle persone o meglio degli amici nei quali credi. Un’anima che stimi, che rispetti e alla quale non mancheresti di porgere aiuto in qualsiasi momento. Se lui mi ha chiamato per dirmi: Stefano, fai quel viaggio dentro il mondo dello spirito, voleva dire che ne valeva la pena. Un venerdì sera vado a trovarlo e lo sciamano o il direttore dell’orchestra o il veicolo come lo si voglia chiamare, mi attendeva. Ero agitato, pieno di paure e domande. Quando l’ho guardato negli occhi il mio cuore ha sorriso, si è subito placato e gli ho aperto le porte all’ascolto. Vorrei fare questo viaggio solo con persone che conosco e in un luogo a me familiare.

Il posto lo sceglierò io con l'aiuto del mio amico. Tu sarai in un cerchio di amore qualsiasi siano le persone attorno a te. Questa “chiave” apre le porte all’uomo, a tutti gli uomini che tu conosca o meno. Un atto che va condiviso con tutti perchè siamo una sola cosa. Tutto è una sola cosa, il mondo intero, l’universo. Tutto è racchiuso nel tutto. Yin e Yang.

Ma ho paura di vedere cose che non voglio vedere.
Ho paura di restare da qualche altra parte. E se succede?

Da secoli, forse millenni nessuno ha mai avuto questo, da secoli, forse millenni l'ayahuasca ha reso gli uomini più consapevoli. Tutti ne hanno tratto solo benefici.

Devi lasciarti andare qualsiasi cosa tu veda o provi. Io sarò li vicino per aiutarti nel caso la tua mente resti incastrata su un pensiero che ti da timore e non ti da tregua. Lo sciamano è questo. Una persona illuminata che guida e sostiene gli altri nel “viaggio nella vita”.

Nel nostro pianeta sono cresciute, sono sorte, sintetizzate, create delle sostanze, delle alchimie che hanno dei poteri immensi. Se ci sono, non è certamente per caso. Se l’uomo e gli sciamani ne hanno capito le potenzialità non è per caso ma… è la natura stessa che le ha create per noi? Qui il discorso si fa molto complesso e si può intuirne meglio ed avere qualche risposta attingendo personalmente a quella misteriosa, potentissima e mistica alchimia. Con me quella sera del primo incontro c'erano altri due miei grandi amici. Un ragazzo e una ragazza, miei amici di vita. Ho loro parlato di questo e hanno voluto sapere di più. Ci tenevo molto a condividere con loro questa esperienza. Pantxoa non ha voluto partecipare. Aveva paura. Dopo che ci ha sentiti raccontare non più e se capiterà ancora ci sarà. Ho chiamato un’altra grande amica e anche lei, che da tempo voleva fare questo viaggio, è venuta all'incontro. Il pomeriggio prima di noi. Anche lei come gli altri, dopo l'incontro con “il maestro” dagli occhi buoni decide che è giunto il momento.

Il mio amico dopo aver visitato dei possibili posti per quell'incontro con la magia della vita, decide che casa mia è il giusto posto. Dopo più di quindici anni, dall’Amazzonia il lungo viaggio me l'ha portata a casa. Il destino così è stato designato. Ci è stato detto di prepararci i giorni precedenti. Niente alcool, niente carne, niente sesso.

Sento che sarà qualcosa di straordinario.

Prendo molto seriamente la preparazione. Seguo alla lettera ma preparo molto la mia mente. La preparo ad accogliere questa cosa che tanto mi turba e mi affascina. Ogni sera le chiedo di essere gentile con me. Ma così…per lunghe ed interminabili ore non è stato.

Ogni luogo in questo pianeta straordinario ha un suo profumo, un suo vociare e un suo colore. Lo percepisco subito appena varcata la soglia dell’aeroporto. Riconosco all'istante l’odore di Londra e di Bombay, la luce dell’India, il profumo dell'Indonesia e l'odore di latte della Mongolia, il vociare dell'Islam, i cieli bassi dell'Australia e…anche la mia nuvola. La berta. Riconosco all'istante le campanelle di Bali e il ferragliare dei treni indiani, il rumore delle spatole che battono sui wok nel sud est asiatico e lo scoppiettio dei tuc tuc dal Kashmir al Tamil Nadu.

Un solo attimo di ascolto o visione è sufficiente per accendere e ravvivare infinite varietà emozionali. Quando sento un muezzin mi ritrovo immediatamente in una stanza del quarto piano del Felix Arabia Hotel a Sana’a nello Yemen. Una stanza con 500 anni di storia. Sento il profumo delle lenzuola, il loro ruvido strusciare, vedo gli intarsi nella finestrella che da su quella che è una delle città più affascinanti al mondo. Vedo la brocca bianca sul tavolino, la porta bassa d'entrata che mi costringeva a piegarmi. Vedo l'alba avanzare dalla mia terrazzetta, quel rosso vivo del giorno che cresce incendiandosi per poi sfumare e spegnersi nell’azzurro cristallino dei tiepidi inverni nelle terre di allah.

Non mi volevano far entrare nel paese perchè viaggiavo solo. Sono rimasto in quell’aeroporto disastrato per ore, non sapevano che farsene di me. La polizia si consultava tra una sigaretta e l'altra tra quelle lamiere che coprivano un’unica sala dall'aspetto militare. Non ne venivano a capo. Io insistevo montando ondate di adrenalina che puntualmente dovevo far sbollire per non far precipitare la situazione. Quelli usano il kalashnikov come l’accendino.

Mi sembra di rivedere…

Montagne brulle ma intrise di misteriosi e immensi spazi silenziosi, i colori abbagliano lo sguardo, l'arancio vivo cozza con l’azzurro lucente del cielo terso, il verde scoppia nei wadi e si spezza nell’ocra delle impervie pareti che accompagnano l'acqua della vita per centinaia di chilometri. Il sole brucia la pelle per poi freddarti la carne nelle notti, quando il cielo scende per posare le sue mille luci tra i sogni dei viandanti. È bellissimo.

In quelle montagne comprare un kalashnikov è facile come comprare dei datteri.

Solo l'uomo può armarsi di odio, togliere il pane di bocca a moglie e figli pur di possedere quei fori con cui mirare alla vita per strappare la morte. Tutto questo mentre sole, acque azzurre turchese e blu intrise di vita, mentre animali, colori, stelle, fiori e piante che sono templi di bellezza, sono ai nostri piedi e hanno percorso milioni di anni per prepararci e donarci ogni giorno, da sempre e senza chiedere nulla, una dimora che ci accoglie, ci nutre, ci riscalda e ci dona lo spettacolo miracoloso e più straordinario che la mente possa immaginare. Per fortuna all'imbrunire un omone alto due metri con occhi neri come la notte e una barba altrettanto nera e densa come la pece, mi ha chiamato in disparte e mi ha dato un bigliettino. Questo è un hotel di Sana’a. Di loro che sei loro ospite.

Vado in ufficio e riferisco. Niente. Devono chiamare quelli dell’hotel: O rimani qui o ti rispediamo a Francoforte. Un’altra buona anima mi indica il telefono e mi da una moneta. Chiamo e li scongiuro di chiamare la polizia aeroportuale. Dopo 5 minuti mi danno il mio zaino e mi dicono: As-Salam-aleikum.

Ohhhhh Alaykum as-Salam!! È fatta!!

Sono entrato nella città vecchia con le lacrime agli occhi, non perché ero uscito da un pasticcio piuttosto serio, ma perchè ciò che vedevo era di una bellezza mozzafiato. Dopo dieci giorni ho visto le stesse lacrime agli occhi di Pantxoa quando è arrivato. Quella città e quel paese, lo Yemen, sono fuori dal tempo. Un balzo tra le meraviglie del passato delle mille e una notte. Dentro quei palazzi di sabbia decorati di bianco ci sono ancora i cammelli che dentro piccole stanze fanno girare pietre millenarie che spremono l’olio. Immagini come quella sono immutate da secoli.

L'AYAHUASCA viene ricavata dalla mescolanza dell’estratto di due vegetali. Usata dagli Aztechi e dai Maya da tempi remoti. Una contiene la molecola del DMT. Molecola che viene prodotta dalla nostra ghiandola pineale durante la nascita, durante la fase rem del sonno e 24 ore dopo la morte, l'altra contiene un "rafforzante" che ne amplifica e mantiene l’effetto. Come si sia arrivati ad estrarla fa parte del mistero… ciò che è palese è il fatto che dopo secoli di uso cerimoniale ristretto e per pochi, ora si stia diffondendo. Forse non a caso in questo delicato momento storico, in cui la presa di coscienza collettiva si sta affacciando ad un abisso di non ritorno.

Quella sera al primo incontro con il “maestro” ho conosciuto anche alcuni dei “camminatori”, così ci chiamiamo dopo quella notte che ci ha unito. Dei perfetti sconosciuti che ora si abbracciano senza barriere (non tutti…) perchè quelle barriere le abbiamo lasciate altrove quella notte. Ognuno si è presentato e ha posto le proprie domande e ha esposto le proprie paure in merito. Paure che tutto sommato erano quasi le stesse per tutti. La paura di aprire porte sconosciute, la paura che l’ignoto possa scardinare le nostre sicurezze. Quell'ignoto esiste davvero ma i nostri antenati hanno trovato il modo di scrutarlo o…forse, quel “modo” è nato insieme a loro e per loro, fino a noi.

Il “maestro” ci chiede anche di pensare, nei giorni a seguire, a cosa vorremmo chiedere a quella magica essenza. Che porte vorremmo lei aprisse, che cosa mai vorremmo ci aiutasse a curare, a capire. Anche il male della carne, le malattie. L'ayahuasca ha molto potere. Quando scrivo questa parola percepisco ancora un tremore tra le dita. Lui la chiama: la cura, e quella definizione è ben meritata.

Moltissimi e sempre più numerosi sono gli studi che vengono rivolti a quel siero. Di certo si sa che non ha nessun effetto collaterale, naturalmente era la prima cosa che gli studiosi hanno voluto verificare. È stato appurato, sempre da studi accademici, che cura depressione e dipendenze e che porta gli uomini ad una maggiore serenità nella convivenza sociale. In Amazzonia, e non solo, ci sono delle congregazioni cattoliche che la usano dandola anche ai bambini di appena due anni. Ho visto un documentario a riguardo. Questo non è certamente poco visto con occhi e riportato da fonti che si ritengono autorevoli. Ma…gli studi accademici molto spesso indagano usando il cervello e trascurando il cuore e lo spirito. Un altro tassello, che a epilogo avvenuto ho ricordato, riguarda un altro incontro. Anni fa eravamo in viaggio verso la Mongolia. All'aeroporto di Mosca, attendendo il volo per Ulan Bator (capitale della Mongolia), a un certo punto vedo il viso di Pantxoa tendersi in una smorfia di sorpresa. Un tizio gli sta parlando, me lo presenta. Rimango spettatore del loro colloquio. È un bel tipo, in forma e con occhi vivi ed attenti. Quando se ne va Pantxoa si rivolge a me e dice: non posso crederci, quel ragazzo del mio paese pensavo fosse morto da anni. Era un tossico all'ultimo stadio. Era senza denti, pelle e ossa, senza casa e futuro, ha fatto carcere e distribuito violenza a destra e a manca. L’ultima volta che l’ho visto puzzava e non coordinava un parola. Non posso credere che sia lui. Li in piedi tra i passeggeri in attesa, quel tizio gli ha raccontato che lo hanno portato in Sud America e lo hanno introdotto dell'ayahuasca. Gli ha riferito di aver smesso con tutto, di essersi trovato un lavoro, aver messo su famiglia e avere due figli. Pantxoa continua a dirmi che non può credere ai suoi occhi. Ne è molto felice. Va beh…

Mi ricordo di aver detto a Pantxoa mentre ci imbarcavamo che quella cosa deve essere potente… Poi chiuso lì, il fatto è rimasto nel dimenticatoio fino ad ora.

Il maestro ci abbraccia uno ad uno per lungo tempo prima di congedarci. Ringrazia tutti e tutto. Menziona ringraziando: gesù cristo, buddha, allah, sole, mare e terra. Mi piace sentire quel rispetto per ogni credenza e per i doni del creato. Il male risiede ovunque insieme al bene. Yin e Yang. Quel simbolo taoista dice molto. Lui cerca il bene che risiede in ogni cosa. C’è anche sua figlia. Giovanissima, dolce e già così profonda e piena di amore per il prossimo. Mi piace molto Andrea. Non ha visto suo padre per moltissimi anni. Gli eventi di quella vita torbida che questo nuovo uomo ha cambiato li avevano separati. Praticamente non lo conosceva finché si sono cercati e ritrovati, felici di iniziare assieme un nuovo cammino. Presto Andrea andrà in Perù con il padre.

Passano i giorni e io li vivo come un conto alla rovescia. Avrei voluto avere un periodo più tranquillo per prepararmi ma quell’autunno è stato impegnativo su tutti i fronti. Brucio e attingo a molta energia che per fortuna però incanalo verso progetti che mi stanno a cuore. Ciò non toglie che il lavoro è tanto e occupa molto spazio. Arriva il fatidico sabato, piove a dirotto. Mi alzo presto, prendo la legna e accendo la stufa. Si resterà seduti a terra tutta la notte e la stanza deve essere ben riscaldata.

La sera prima è arrivata una nostra amica da Madrid. Pantxoa alla mattina prende e se ne va con lei a Venezia anche per lasciarci soli. Quella notte, tornati all'ovile mi dirà di non aver dormito temendo per la mia incolumità…

Quel giorno vado avanti e indietro per la stanza, controllo il fuoco più volte, piu del dovuto. 

La mattina con un amico vado a Segusino a prendere degli yogurt in una latteria casereccia che mi piace molto. Saremo in quindici mi dicono e una buona e sana colazione sarà gradita. Mi chiedo che faccia avranno quelli che non ho incontrato il venerdì prima, chi saranno. Quelli invece che erano presenti la sera del primo incontro mi avevano lasciato una bella sensazione.
Una ragazza dolcissima parlando di sé al maestro si è commossa. Ha avuto un grande trauma in famiglia. Ha pianto molto e noi siamo rimasti in silenzio mentre il maestro la stringeva e le dava calore. Era un silenzio imbarazzante ma era un imbarazzo sano perchè quel silenzio lasciava spazio al calore della vicinanza.

Anche un'altra ragazza ha parlato di un trauma subito nel parto di suo figlio e avrebbe voluto in qualche modo ripercorrerlo per estirpare il dolore. Quella ragazza con una voce celestiale, quella notte l'ho vista nel mio viaggio. Era bambina. L'ho vista lì in disparte, era a scuola. Era sola e non era contenta, aveva una mela in mano. Il giorno successivo mi ha riferito di aver sofferto molto da bambina per essere stata mandata in una scuola che non le piaceva. La famiglia si era spostata per motivi di lavoro e il trauma dell’essere passata da un insegnamento steineriano a un collegio di suore era stato molto duro. Credo…

I miei due amici si sono presentati, lei ha detto al maestro che sentiva di aver perso l'innocenza che si ha da bambini e questo le mancava, per lei era molto importante poter ripulire, farla rivivere in quel quotidiano troppo adulto. Quella notte ha avuto ciò che desiderava. L’altro mio amico esprime la volontà di non chiedere e sapere. Vuole che il suo viaggio inizi esente dall’ascolto delle esperienze altrui. Non ha voluto indagare, informarsi sulle origini e gli usi di questo magico vegetale se non superficialmente ma quanto basta per avergli fatto prendere la decisione del si. Vuole che questa esperienza inizi senza quelle che secondo lui possono rappresentare delle interferenze al suo “sentire”. Va bene così, ognuno dirige la propria coscienza. È uno dei miei più cari amici, credo il più importante di tutti, quella notte però la sua presenza nella mia sfera emozionale rimane nascosta, lontana…questo è ciò che ho pensato ma i meccanismi di connessione che si attivano nel cerchio durante la cerimonia sono molto complessi e trascendono le nostre “semplici” cognizioni. 

Posiziono luci a terra, le sposto e le risposto, penso a quale dovrebbe essere il mio posto. Dettagli che mi sembrano importanti. Il  vissuto di quei giorni aveva una sua luce. Pensavo e ripensavo a tutte le volte che in quindici anni da quella mattina in Amazzonia avevo sentito nominare quella parola. Dove, con chi, cosa mi era stato detto. Erano molte.

In quella stanza c'è un mio quadro, il primo che ho fatto. È uno spirito nat. Una donna che secoli orsono è stata prigioniera in un palazzo reale, probabilmente in Birmania. Era una ballerina e ha dovuto danzare per il re tutta la vita, imprigionata nel corpo e nello spirito. Tutto questo l’ho saputo molto tempo dopo. Quando ho visto quell'immagine molti anni fa in Laos me ne sono innamorato all'istante. Era il periodo in cui era maturata in me l'idea di dare a quei cristalli di luce, che mi hanno dato di che vivere, un'altra anima. Quel materiale che riflette la luce era stato usato fino a quel momento solo nella moda come ricchezza decorativa, molto effimero, ma io fin dalla prima volta che ne ho osservato il brillio ho sentito qualcos’altro.
L’attrazione verso la luce non ha memoria nella storia dell'uomo e noi siamo quella luce perché anche noi… siamo polvere di stelle.

Se potevo far trasparire la stessa forza da quell'immagine che così tanto amavo usando la mia tecnica lucente sarei stato pronto a esprimere in arte il mio mondo interiore.

Decido tra ripensamenti vari che il mio posto sarebbe stato proprio lì, di fianco a lei. La mia dea, in arte: "she is my god".

Continua a piovere. Il maestro avrebbe voluto arrivare verso le 4 per poterci far stare assieme camminando nei boschi ma la pioggia scende a dirotto. Non si può fare.

Sento il rumore di motori. Stanno arrivando, tutti insieme.
Ognuno si porta una stuoia, un cuscino. Ognuno si porta una bacinella perchè il vomito è probabile. La stanza si anima in un batter d’occhio. L’agitazione è palpabile, anche il maestro a dire il vero lo è, ai miei occhi così sembra… entra e mi abbraccia. Do il benvenuto a tutti compresi quelli che non conoscevo. Mi sembrano tutti “a posto”, anime buone. Bene. In ogni caso, difficilmente potrebbe essere stato diverso. Quelle persone facevano parte del gruppo del mio amico che ha scelto con cura. Quel mio amico (che era stato in Perù) mi saluta e mi chiede se sono pronto. Gli dico che credo di si. Quella notte, la sua è stata una presenza importante. Tutti si affaccendano a stendere stuoie. Il maestro ci dice di coprire lle finestre con delle stoffe. È importante che nella stanza non ci sia nessuna fonte di luce artificiale, nemmeno dall’esterno. Eseguiamo, mentre lui, la figlia e la sua “aiutante” che quella notte attenderà ai bisogni del cerchio, iniziano a preprare il siero. È scurissimo e denso. Hanno bisogno di un imbuto per travasare nella bottiglia. Entro in cucina e cerco ovunque ma non lo trovo, mi rendo conto rovistando nei cassetti che sono agitato. Il maestro decide la sua posizione nel cerchio e io mi ritrovo giusto alla sua sinistra.

Sono quasi le sette. È quasi ora.

Il vociare si calma mentre tutti prendono posto. Alla mia sinistra ci sono i miei due amici, di fronte l'altra amica. Il cerchio è grande perché la stanza ce lo permette. Il maestro parla. Ci da il benvenuto. Inizia a dirci come si svolgerà la cerimonia. È importante che si rimanga all’interno del cerchio. Se si ha bisogno di andare in bagno si vada da soli o accompagnati in caso di impossibilità… l’importante è rientrare. Ci dice che all’interno del cerchio saremo protetti. Ci dice di non aver timore e di lasciarci andare al suo volere, al volere dell'ayahuasca che sa dove andare in ognuno di noi. Il suo è un altarino sciamanico. Vi sono vasi, vasetti, pipe, piume, bottigliette e diversi tamburi. Su di un piccolo e basso tavolinetto viene chiesto a tutti se si desidera appoggiare un oggetto al quale teniamo. Io vi appoggio una collana con una pietra rotonda, un oxidiana che avevo preso in Messico l'anno prima. Mi piaceva molto perchè aveva una sua storia. Ogni cosa se vi poniamo attenzione ci racconta un vissuto. L’avevo scelta una sera in un mercatino di viandanti. Ero stato attratto dal colore della pietra. Nera con sfumature perlate di un verde scuro e grigio. Dopo pochi giorni in Guatemala siamo ospiti da un’amica, Belen che lavora nel ministero degli affari esteri. È una sacerdotessa Maya. Ha una cultura molto vasta e una conoscenza delle origini del suo popolo molto profonda. Mi chiede data di nascita e altri dettagli e stila il mio oroscopo astrale. Mi dice che sono un hikkash (non so se si scrive così). Mi racconta varie cose in merito e poi mi dice che la pietra degli hikkash è l'ossidiana. Pietra vulcanica che simboleggia per quel segno il fuoco del fulmine e il potere degli eventi forti esistenti in natura. Allora penso che è stata la pietra quella sera a scegliere me. Mi ha chiamato… Dopo quella sera però… non l'ho più indossata.

Il maestro ci spiega che il canto e la musica sono importantissimi durante la cerimonia perché attraverso il suono lui potrà meglio veicolare l’influenza del siero nella nostra emotività. Ci spiega che dopo aver bevuto la pozione se qualcuno non sentirà nessun effetto potrà chiederne ancora o potrà accrescere il livello per andare piu in la…

Accenna anche ad un’altra cosa, ma non vi ho posto attenzione.

È giunto il momento.

Vengono accese le candele nel suo “altarino maestro” e spenta la luce. Mi scorre un brivido nella schiena ma sono sereno. Con quell'intensità di luce possiamo distinguere a malapena i visi di chi ci sta di fronte cinque metri più avanti.

Il maestro apre una bottiglietta di un profumo particolarissimo che mi ricorderà per sempre quella notte. È un’acqua purificata che poi mi è stata regalata da una camminatrice, bella donna e dal carattere solido. Ci passiamo l'acqua nel viso e nel collo, ognuno di noi a turno passandola l’un l'altro e ringraziando alla fine. Finito ciò il maestro chiede a ognuno di alzarsi e andare di fronte a lui, di aprire le braccia. A ognuno viene rivolta una cerimonia di pulizia purificatrice propria degli sciamani. Piume e frasi scorrono sui nostri corpi. L’adrenalina sale in quei momenti. Sale su persone mature, coscienziose, sane nello spirito e nelle intenzioni. Sane nella legittima ricerca di dare un senso a questo viaggio, sulle ali della magia più grande e sacra dell'universo, ma dall’inesorabile e misterioso epilogo. La vita e la morte.

Viene data la parola ad ognuno di noi. Chi vuole può dire ai presenti le intenzioni che intende porgere quella notte dell'ayahuasca. C'è chi lo fa e chi passa ringraziando.

Io chiedo di essere liberato da tutti i dogmi e da tutto ciò che si interpone nel mio vissuto per poter vivere una vita che abbia forza e coraggio di essere se stessa fino in fondo. Senza rimpianti.

Rivedo nitidamente quei momenti. Come fosse passato un solo minuto. Più scrivo e più mi rendo conto di quanto sia importante farlo. Scrivere il proprio vissuto significa sbrogliare la matassa. È come aprire un file della nostra memoria del quale percepiamo una sorta di riassunto. Trascriverlo significa ripercorrere gli eventi passo per passo, animarli ed espletarli. Trovare infinite connessioni e ramificazioni nel nostro subconscio che contiene il Dna della nostra personalità. La nostra mente è grandiosa. L'ayahuasca apre ad un mondo nascosto ma insito e presente in tutto il creato, offuscato però dalla nostra incapacità di usare la mente per carpire le magie. La profonda meditazione di menti che hanno speso una vita per cercare oltre può sortire a quella conoscienza e cosapevolezza, credo che anche la fede totale e profonda della religiosità possa aprire quelle porte…ma io non faccio parte né di uno né dell'altro.

Poi… è la volta del “romè” (credo si scriva cosi). Credo sia un tabacco. A turno il maestro ce lo soffia nel naso. Serve per pulire la mente e rimetterti saldamente nel presente. Non è piacevole! Fa tossire e sputacchiare. Non sento niente di rilevante, altri si. Ma tutti reagiamo in maniera diverse, a tutto. A turno torniamo dal maestro, questa volta per bere al calice dell’ayahuasca. Ci si alza e ci si inginocchia. Il maestro versa il liquido e porge il bicchiere. Lo bevo d’un fiato. Non tutti, alcuni hanno difficoltà a ingerirlo. Il tempo che passa dal primo del cerchio all’ultimo è abbastanza. Io sono l’ultimo.

Silenzio. Tutti si mettono comodi.
Vengono spente le candele. Si aspetta.

L’atmosfera è stranissima…

Inizio a sentire dei suoni, provengono dalla mia destra, i primi ad aver bevuto l’ayahuasca. La figlia del maestro, Andrea, si fa sentire e si intuisce che sta vedendo e…reagendo.

Io mi concentro sulle sagome delle persone, i miei pensieri sono sereni. Comincio a vedere delle alterazioni nelle forme ma sono deboli e fatico a trattenerle. Passa il tempo e vedo che molti si alzano per farsi dare ancora la medicina. Mi aggiungo.

I suoni, vocalizzi, grugniti e tossi varie si intensificano. Le bacinelle sono al lavoro. Anch’io sento la necessità di vomitare ma ciò che esce con molto sforzo è minimo anche se sembra tutt’altro. Qualcosa sta iniziando. Inizio a vedere delle geometrie sempre più complesse, sempre più colorate. Il maestro inizia con i tamburi e con i canti. Il meccanismo gira. Un ragazzo ride, ha una risata bassissima e potente. Fa ridere anche a me, rido mentre vedo forme stagliarsi intorno al mio corpo. Prima le vedevo frontalmente, ora sono ovunque. Alzo la testa, la giro in alto ed in basso. Sono ovunque. È come essere dentro un planetarium sferico ed esserne al centro. Mettere in parole un'esperienza come questa è cosa veramente ardua. Credetemi. Ci vorrebbero parole che ancora non esistono o non conosciamo perchè con l'ayahuasca si fondono concetti ben distinti, dimensioni con emozioni, materia con sentimento, luce con suono. È straordinario.

Sono piacevolmente sereno… Sento sempre questa risata baritonale e mi è simpaticissima. C’è una grande empatia tra noi due e ridiamo assieme connessi su chissà che cosa. Cerco di vedere in faccia gli altri ma sono solo ombre. Ma quelle ombre sono vive… So la posizione dei miei amici e degli altri nel cerchio.

Se mi concentro sui presenti percepisco il loro essere. Mi sembra di connettermi a loro in qualche modo. Percepisco delle persone che sono più presenti e altre che sento lontanissime, alcune sembrano scomparse. I canti e tamburi continuano. Le geometrie di luce sono incredibilmente tridimensionali e diverse da ogni cosa abbia mai visto. Si aprono in continui universi che sembrano non avere né fine né inizio. A un certo punto a quella che sembra una fine di queste aperture intravedo dei volti. Il mio cuore sussulta. Li conosco, ma…non so chi sono, ma… li conosco! Cerco di guardarli meglio ma sembra di dover decifrare un viso che appare dagli anelli di saturno. È vicino e immensamente lontano allo stesso tempo. I visi spariscono. La mia mente lavora su più fronti. Cerco ancora quei visi mentre le architetture di luce cambiano, percepisco i suoni in un altro modo, cerco i visi. Appaiono di nuovo. Li conosco, li conosco. Sono sicuro. Ho un lampo di intuizione mentre scompaiono di nuovo. La mia mente mi sta dicendo che sono degli antenati ma quella cognizione mi sfugge. Va e torna ma non si fissa nella mia memoria. È emersa molti giorni dopo quella notte. A un certo punto sento un suono idilliaco. È una chitarra e credo di non aver mai sentito suono più bello. Giro la testa in direzione della provenienza e il momento è fatato. Vedo il suono staccarsi dalla fonte, lentamente diventare luce, attraversare lo spazio che ci separa e arrivare ai miei occhi, entrare nel mio corpo e trasformarsi in calore. Ma è bellissimooo!! Vorrei urlare di gioia e stupore. È bellissimo, bellissimo.

L’interconnessione e unione tra gli elementi della natura è davanti ai miei occhi, è dentro, è ovunque. Sapevo che doveva essere così ma vederlo e percepirlo in quel modo è un privilegio al quale non posso che rivolgere il massimo rispetto. Tutto questo sentire, queste visioni sono percepite in maniera perfettamente cosciente e critica. La mente è risvegliabile e riportabile sulle necessità del momento. Bisogna solo chiederglielo. Questo rende questa esperienza sbalorditiva ma può essere altrettanto spaventoso come vivrò più in là, quella notte, in un epilogo che non dimenticherò mai!
Quella notte il tempo scorre in una sua dimensione. Fluttuando tra quelle immagini che impregnano ogni tua cellula non vi è più confine tra conosciuto e sconosciuto. Il viaggio è un incanto. L'ayahuasca funge da password per aprire un mondo immaginifico per mostrarci come ogni cosa esistente in questo universo sia strettamente connessa. Materialità e immaterialità danzano all'unisono dentro di noi. La danza della vita scende maestosamente a noi, ci rivela la sua grandezza suprema. Amore, amore puro è la sensazione che provo.

Il tempo scivola su piani sconosciuti.

A un certo punto vedo il maestro che sta di fronte un amico, non capisco cosa sta facendo, ritorno al mio viaggio, dopo me lo trovo di fronte. Mi parla ma in quel momento non riesco a capire ciò che mi dice, cerco di mettere a fuoco sul suo viso ma uscire dal viaggio astrale richiede concentrazione. Perché e di fronte a me? 

Poi lo sento. Mi sta dicendo che mi darà la huilca per andare più in profondità. 

Io rispondo che credo di essere già molto lontano… non so se è il caso.

Perdo la connessione varie volte con lui, mi dice che l'ayahuasca gli ha detto di venire a me e farmi andare più lontano. Annuisco. Mi fido di lui. Va bene. Che sia.

Con una canna di bambù mi fa inalare due volte la huilca.

Mi ritrovo dopo non so quanto tempo in uno stato di sofferenza. Sono altrove. Non sono più dove ero prima immerso nelle immagini colorate e bellissime. Sto male.

Non riesco a coordinare niente. Sento di dover andare in bagno. Ma non so reagire. Tutto il mio essere è in uno stato di sofferenza, fisica, mentale. Il mio amico, quello che mi ha fatto conoscere il maestro, capisce che sono in difficoltà e mi aiuta ad alzarmi per portarmi in bagno. Non riesco a stare in equilibrio, tutto intorno a me è coperto da un reticolo verde fluorescente. Tutta la casa, i corpi dei miei amici sono ricoperti da questa rete pulsante.

Mi ritrovo in bagno e non so perchè mi trovo li. Il mio amico mi parla, mi dice, Stefano sei in bagno, fai quello che devi fare, io sono qui vicino.

Mi giro attorno, non capisco, non riesco a fare niente. Gli chiedo di riportarmi nel cerchio. Fatico enormemente a camminare. La sensazione di disagio cresce. Sempre di più.

Inizio a sudare copiosamente, qualcosa di orribile pervade tutto il mio corpo, tutta la mia mente. Non mi lascia spazio alcuno. Sono in balia di un entità dalla forza spaventosa. È come una nube di vento elettrico incolore che cerca di aspirarmi, di distruggermi. Inizio ad avere paura. Molta paura, non ho più alcun potere né sul mio corpo, né sulla mia mente. Sono dentro un vortice che mi acceca, mi rompe i timpani, mi sconquassa ogni cellula. Il panico cresce. Ora è troppo, troppo. L'unica cosa che riesco a fare è parlare. Nient’altro. Inizio a chiedere aiuto. Chiamo il maestro. Gli dico di riportarmi indietro da questo terrore supremo. Per favore, riportami indietro per favore. Non reggo a tutto questo. Lo chiamo in continuazione, a volte sento la sua vicinanza, a volte lo perdo. Lui mi dirà che non mi aveva mai lasciato.

Sudo, sono completamente fradicio. Il tempo passa, non so quanto ma sembra un'eternità. Sono agonizzante fino allo stremo. Per favore riportatemi indietro. Aiutatemi, aiutatemi. Il mio corpo sembra cedere, per tre volte penso di esalare l’ultimo respiro. Non ce la faccio più. A un certo punto sembra essere giunto il momento. Credo di morire. Lo credo fermamente fin in ogni cellula. Ed in un attimo di coscienza, vedo… Mi dico così morirai, questa notte nella tua casa durante questo viaggio che hai voluto fare ma che non ti ha piu riportato indietro. Penso a Pantxoa, a quando andranno a svegliarlo per dirgli che è successo l’irreparabile. Stefano è morto così nel novembre del 2014.

Non voglio, mi ribello, cerco di aggrapparmi a qualcosa, alla vita ma non ho nessun appiglio. Niente. La sensazione è terrificante, non la reggo più, non ce la faccio. Il dolore che provo è in ogni mia cellula. È spaventoso. Sento le mie parole mentre invoco aiuto e le percepisco in un modo stranissimo, è come se uscissero da un altro io, è come se io facessi da ponte con qualcos’altro. Sono allo stremo, chiedo e invoco di essere ucciso. Invoco la morte. È troppo. È troppo. È troppo brutto. È spaventoso. Uccidetemi. Sento che sto morendo, sento che lo sto dicendo. Chiamo il maestro, lo chiamo in continuazione, sento dei tamburi martellarmi in testa, sento la sua voce e dei canti ossessivi che mi sconquassano ancor di più. Gli unici suoni che ho percepito in quel che mi sembra un’eternità. Il maestro stava ritualizzando il momento per riportarmi indietro ma io non lo sentivo come il maestro, non lo percepivo come una persona conosciuta, lo sentivo e vedevo come uno spirito. Sono dentro qualche meandro oscuro, non ha forma, non ha colore, non ha suono. È (!!!!) È un'entità esterna con una forza inaudita. Non la percepisco come una forza malvagia, non lo è. È più grande, molto più grande, trascende ogni definizione. Così io la percepisco in quelle ore in cui la mia mente lotta fino a togliermi il respiro. Morte allora vieni, vieni a me. Non lasciarmi in questo imbuto che giorni dopo definisco come un parto. Un parto verso la morte… ma… non lo era…

Sento altre voci. Si, sono voci che conosco, le conosco, sono S e B, sono loro!! Sono loro.

Succede qualcosa. Quelle voci fanno da ponte tra quell’orribile dimensione e il presente.

Sento tre battiti venire dall'interno del mio stomaco. Ho la sensazione fisica e sonora di sentire quei colpi come quando si batte all'interno di una botte. Vengono dal mio stomaco. BUM… BUM… BUM…

Cosa succede?? Mi ritrovo in un attimo a pensare che si è aperto uno spiraglio per la via del ritorno alla vita. È la vita che mi prende per mano. Per favore. Si! Mi animo e mi agito tantissimo. Ho la folle paura che la vita non ce la faccia a trascinarmi con lei. Sento le mie parole incitarla. Succede qualcosa, si succede qualcosa.

Mi ritrovo con occhi aperti senza vedere quasi nulla, intorno a me sento moltissime voci conosciute che dicono, battono, urlano. Sei tornato, Stefano sei tornato, ciao, sei tornato.

Le mie mani si muovono. Le porto al petto e a una spalla e poi allo stomaco. Sento la mia pella come fosse la prima volta, continuo a toccarla. È una rinascita. La vita mi si rivela in tutta la sua magia. È una sensazione paradisiaca. È stupefacente, è meraviglioso, bellissimo, supremo. Inizia un flusso di parole. Ogni cosa che ho detto sembrava avere vita propria, io non stavo coordinando quelle parole, le udivo uscire dalla mia bocca come uno spettatore. Ricordo di aver per primo insultato la morte. Le ho detto di lasciarmi stare, che non ha senso ed è cattiva a togliere tanta bellezza. Solo la vita ha senso. La vita è tutto. Tu sei tutto. Sei tutto. Grazie madre, grazie padre, grazie sole, grazie terra fiumi e mari, grazie pianeti, grazie colori e alberi. Grazie vita. Grazie. Sei tutto. Sei tutto. TU SEI TUTTO. Sono pervaso da un'emozione d’amore di un’intensità commovente. Poi ho scherzato su delle piccole cose del quotidiano, le sentivo così buffe, simpatiche. Si, sono simpatiche. Ogni cosa della vita mi è sembrata in quei momenti la cosa piu simpatica del mondo. È bellissimo. Bellissimo. Tutto è bellissimo. Grazie, grazie, grazie, vita. Ma io ti voglio bene, ti voglio ma tanto, sei simpatica tu, sei una meraviglia. Ciaooo ma ciaoooo e ciaooo a te!!!! 

Ho abbracciato il mio amico, un abbraccio vero, profondo, di totale amore. Ho abbracciato la mia amica, anche lei me la sono stretta al corpo e l'ho baciata con un amore immenso. Tutto era amore. Ero tornato. La vita mi ha mostrato le sua Porta estrema. 

Mi hanno messo un maglione. La camicia che avevo addosso era totalmente fradicia.

Quando sono riuscito a coordinare sono andato in camera a cercare dei calzini. Nel momento in cui apro il cassetto, mi fermo un attimo. Osservo quel gesto così banale e quotidiano, un gesto sul quale non ricamiamo certo delle favole, sembro osservarlo dall’esterno. Tu sei quotidianità. Benvenuta anche tu. Era l'una e venti.

Il maestro ci richiama in cerchio e continuano i canti. Ora si riposa. Tutti ora sono svegli.

L'ayahuasca però non ci ha lasciati. Cosi sembra ma continuerà a dare nei giorni successivi. Mi sento veramente un sopravvissuto. La cerimonia è finita. Fuori le prime luci. C’è chi è uscito a fumare una sigaretta, altri che a gruppi parlano concitatamente. Sento un amico dirmi che esternamente non sembrava così tragico come io lo descrivevo.  Stento a crederlo. Io sono ancora scosso in ogni cellula e lo rimarrò a lungo. Ho scritto a fiato sospeso molte di queste parole e son passati mesi…

Ripeto spesso che non lo rifarei mai piu. Ed è vero. Rifarei volentieri l’ayahuasca ma non mi spingerei mai e poi mai più in là con la huilca.

Sento di aver toccato, anzi sento di essere stato toccato, forse baciato dal più grande mistero dell'universo. La vita e la morte. E averli vissuti ad occhi aperti. Questo mi basterà tutta la vita. Mi basta ed avanza. Veramente. Non lo rifarei. Sono grato con tutto il cuore e tutto il mio essere di aver avuto questo privilegio che porterò con me fino alla fine dei miei giorni. È stata una esperienza straordinaria. Quelle porte che si spalancano ci portano vicini all'essenza delle cose, di tutto. I giorni successivi è come volare. Ci si sente in armonia e in amore con ogni cosa del creato.
Poi, piano si richiudono. Quelle bianche e lucenti porte si sono aperte per noi e ci hanno mostrato la magia della vita, poi la vita di tutti i giorni ci richiama a sé ma ciò che è visto e provato non si cancellerà. Mai.

Grazie ayahuasca, grazie maestro,
grazie agli amici che hanno viaggiato con me.
Grazie madre terra.
Grazie vita di avermi scelto.


Con amor.

Ste.


keyboard_arrow_left back to Fragments