Zigzagando tra bellezza e ostilità
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Zigzagando tra bellezza e ostilità

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September 9, 2020
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Spagna
Il cammino di Compostela al tempo di peste.

Cammino di Santiago di Compostela

Settembre 2020


Il cammino di Compostela al tempo di “peste”

500 km – a Leon il cammino si ė fermato.
(Così) si vede che è così che doveva essere…


Una paio di ore di tristezza in macchina mentre ritorniamo con le nostre bici smontate e rotte e poi… si guarda avanti ai nuovi giorni.
Siamo abituati a cambiare rotta, a ribaltare un viaggio sottosopra, a volte semplicemente perché laggiù la luce è più calda. Tenersi allenati agli inesorabili cambiamenti della Vida rende tutto indubbiamente (un bel po’) più facile.


In questo caso il fato ci ha fermati
con una rottura importante della bici
per farci annusare l’aria
e capire che era meglio così.
Era meglio tornare. 


Ovunque si guardi in questo nostro spazio tempo, la lingua biforcuta del Covid aleggia.

Vibra e ondeggia, annusa le prede. Se ne ode il suono indisponente poi, a volte, si intravede perché ha annusato da vicino qualcuno che conosciamo piú o meno bene. 

Poi sentiamo di chi ė stato morso e quando è qualcuno che conosci personalmente, allora ti viene addosso quel freddo… Finché te ne rimani in casa tra le tue cose va tutto bene, ma quando ti muovi in più ambienti e incontri persone di ogni tipo, ti rendi conto di quanto stia pesando sulle nostre vite tutta questa follia. 


Personalmente, alla luce dei fatti credo che ora come ora debba essere una scelta personale quella di proteggersi e proteggere i più deboli da questa peste.
Sì all’uso di mascherine e a molte accortezze ma se si continua con questo terrore e queste limitazioni della libertà rischiamo di perdere tutti qualcosa di molto più importante: la gioia del vivere liberi. Detto questo sappiamo che vi è molto altro e che quella “gioia” è meglio tenerla sotto controllo.


Di fronte a noi la Galizia per altri 300 km – gli ultimi

Il sole ci ha fatto un bel regalo per due settimane, per 500 km ha illuminato le immense distese di Castila e Leon di oro paglierino e ha proiettato sulla nostra pelle i colori delle straordinarie vetrate delle cattedrali gotiche di Burgos e Leon.

Fuori ci sono 4 gradi. Gran parte del cammino di Compostela si snoda su percorsi rurali ad una discreta altezza, intorno ai 700 mt.

Lunedì mattina, in piedi di fronte all’entrata del negozio di riparazione, ci dicono che forse ci vorranno 3 giorni per riparare la bici. Per la prima volta guardiamo le previsioni meteo che minacciano grande pioggia imminente. Ci sono un paio di passi di 1500 m per arrivare a Santiago, vuol dire neve?  


Ok. Molliamo l’osso, e via!
È stato molto bello malgrado
averlo fatto in tempo di peste…
Mille e mille grazie lo stesso


Nei sentieri tra i campi non vi ė praticamente nessuno. Incrociamo una media di 5 pellegrini al giorno contro le centinaia che li percorrono quotidianamente in questa stagione. Ė bello esser soli all’abbraccio della natura, averla tutta per sé, nel vento e con un orizzonte che non finisce mai.


Nel sentiero di Compostela quel silenzio, però, si percepisce forzato.

In qualche modo innaturale.

Non lo è certamente quando sei solo con Madre Terra, circondato da km di foreste di faggi come nella selva di Urbasha o tra i venti delle stradelle sterrate in mezzo a sterminati campi. Innaturale lo è dove è (?) la civiltà…
Lo è nei paeselli che si incontrano quasi deserti, dove chi tiene aperto ai pochissimi pellegrini, turisti, viandanti è in perfetto contrasto con quelle strade svuotate e sfoggia buon umore. 


Triste e rassegnato è lo sguardo di Donna Mariana che gestisce un B&B dalla morte del marito. Ci dice che quel b&b è stata la sua salvezza da una grande depressione . Gli piacciono i Viandanti da ogni parte del mondo con i quali discutere e scambiare vita . I coreani gli sono simpatici e vengono in pieno inverno.


Ora quasi più nessuno, ed in quel paesello di 4 anime sperduto tra i campi il vuoto si fa sentire pesantemente. Le stradelle si snodano fin qui quasi impeccabili e perfettamente indicate. Una freccia gialla pitturata su un paletto, su di una pietra, in un angolo agli incroci o una piccola conchiglia incastrata nel lastricato dei paeselli, ti indicano sempre quale direzione prendere. Questo è assolutamente fantastico. È stato pensato così, non ci si deve preoccupar di niente. Quella è la via, si troverà da mangiar e da dormir, basta andar… Percorrerlo a piedi è più meditativo, ne sono certo, ma anche su due ruote silenziose non è per niente male.


A Pantxoa credo sia dispiaciuto più che a me di aver dovuto mollare l’osso. 

Dopo una settimana ha cominciato a divertirsi parecchio a scendere qualche pista ripida tra sassi e fossi scavati dall’acqua, a salire e scendere da quella bici senza cercare qualche scalino che gli dia la sicurezza per issarsi in sella. 

La nostra mente apprende di tutto, è un incomprensibile, potentissimo miracolo evolutivo ma è altrettanto imperfetta, ostinata e fragile. Superare uno shock, una ferita, le costa parecchio e tende a diventare fobica, impaurita, ci strattona per trascinarci lì dove si sente più sicura.


Medito quasi quotidianamente da 5 anni ed è per me stupefacente, ammaliante, divino il nostro essere. Quando ti siedi nel posto che hai accuratamente scelto, respiri profondamente, chiudi gli occhi ed inizi quel percorso, vuol dire veramente lasciare tutto, tutti, ogni cosa e inoltrarsi in quel, come dire… aldilà.
È difficilissimo mettere la mente a tacere. Per me lo è. È un lavoro di forza, di equilibrismo tra due mondi: quello terreno dove comandano la mente e gli istinti e quello ultraterreno dove risiede pace e purezza. Quando entri in quel  silenzio assoluto, o solo lo sfiori, esso diventa una fonte, una sorgente che nel tuo essere imperfetto cerchi e coltivi perchè ne hai percepito il fine. Quando sei in silenzio di fronte alla tua mente e la osservi, non stai vedendo te stesso, ma stai vedendo quell'essere quale hai permesso alla tua mente di plasmare. Quando inizi a tacerla percepisci che il tuo io risiede in uno stato di vivificante purezza e armonia con ogni cellula di quel Diouniverso che è sempre esistito e del quale sei parte. Osservare i percorsi mirabolanti e sgangherati della propria mente nel processo meditativo rivela anche quanto piccolo sia ancora l‘uomo in questo stadio evolutivo. 

Il nostro presente ne è la prova. 


Le chiese e le cattedrali sono lì ad ogni sosta del cammino. Anche se non sei cattolico come me, ti affezioni alla loro presenza, danno una certa sicurezza perché le vedi da lontano e sai che lì ti fermi e trovi ristoro.

Quelle di Burgos e Leon sono tra le più belle che io abbia mai visto. Se si ama il gotico si devono assolutamente visitare. Quanta storia, quanta abilità nel costruirle e decorarle, ma poi… dopo un primo abbaglio, sotto le immense volte gotiche, ti soffermi sull’iconografia ed un certo disagio serpeggia…

Quanta violenza accompagna tutto questo? Quanta imposizione è stata brutalmente espletata per ergere quelle volte e per forzare la mano degli artisti? Quante guerre e soprusi sorreggono quelle colonne?
Ai miei occhi i pilastri della religione cristiana vacillano in ogni dove.
La mia presenza in questa vita non combacia con quell’insegnamento. Ho imparato ad amare e rispettare quel che c’è di buono nel cristianesimo ma nella mia vita sono stato costretto a cercare altrove. Per fortuna, perché ho trovato molto di più…


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